Din Djarin (Pedro Pascal) si mette alla ricerca di altri mandaloriani, affinché questi possano aiutarlo a trovare il popolo del Bambino. Dopo varie peripezie, si dirige nuovamente su Tatooine, dove lo sceriffo Cobb Vanth (Timothy Olyphant) è entrato in possesso dell’armatura appartenuta a Boba Fett (Temuera Morrison).
Nazione: Stati Uniti
Anno: 2020
Episodi: 8
Piattaforma: Disney+
Genere: Azione, avventura, fantascienza
Ideatore: Jon Favreau
Attori: Pedro Pascal, Giancarlo Esposito
Alla fine della prima stagione, avevamo chiuso la nostra analisi con l’augurio di un cambio di passo significativo per la serie, in modo che potesse fare quel salto di qualità sostanziale, in grado di renderla un tassello importante dell’universo di Star Wars e non un semplice prodotto accessorio, meritevole di essere ricordato solo dagli appassionati più irriducibili. Questo rischio è parso diventare sempre più concreto, dopo aver visto i primi due episodi della nuova stagione, che, per quanto ben confezionati (soprattutto il secondo, che si diverte anche a scimmiottare alcuni passaggi di Alien), hanno proseguito sulla falsariga dei precedenti. Dal terzo episodio in poi, tuttavia, si inizia a notare un progressivo mutamento di prospettiva: la componente western, di fatto predominante solo nel primo episodio, comincia gradualmente a integrarsi ad altri scenari, dove i richiami all’immaginario lucasiano risultano sempre più evidenti (tanto che le note della sigla d’apertura si rivelano decisamente in contrasto con il contenuto reale del racconto) e i vari capitoli appaiono più coesi rispetto alla passata stagione. Oltretutto, la squadra di registi, persa la guest star Taika Waititi, viene puntellata con due new entry di valore come Robert Rodriguez e Peyton Reed, e il cast dei personaggi si arricchisce degli arrivi di Bo-Katan Kryze, e, soprattutto, di Ahsoka Tano e Boba Fett. Senza considerare la clamorosa apparizione nel finale (che non riveliamo), che è parsa a molti una chiara dimostrazione dell’intenzione della Disney di voler fare davvero sul serio. Eppure, pur apprezzando questi significativi miglioramenti, non riusciamo a nascondere parecchie perplessità. Per prima cosa, le strizzatine d’occhio ai fan di lunga data sono diventate sinceramente troppe e in sensibile distonia con il resto dei contenuti. In particolare quando si manifestano attraverso l’utilizzo di effetti speciali volutamente grossolani, necessari a creare una sorta di effetto vintage, che faccia tornare con la mente ai tempi della prima trilogia di Star Wars. E se siamo a malapena in grado di sopportare alieni realizzati con maschere dozzinali, proprio non possiamo digerire, invece, l’imbarazzante verme gigante del primo episodio. Capiamo il forte legame di Jon Favreau e dei suoi collaboratori con i film della loro giovinezza e la loro voglia di rievocare quelle atmosfere, ma continuare su questa strada non sarebbe diverso dal considerare tollerabile un remake di King Kong girato in stop motion. Inoltre, Pedro Pascal escluso (di cui, comunque, anche questa volta, viste le caratteristiche del suo personaggio, facciamo fatica a esprimere un giudizio completo), un’altra nota dolente sono gli attori: se Katee Sakhoff è riuscita a infondere carisma in Bo-Katan Kryze (vestendone i panni per la prima volta in versione live, dopo esserne stata la doppiatrice nelle serie animate Clone Wars e Rebels) e Rosario Dawson si è rivelata una splendida Ahsoka Tano, abbiamo, purtroppo, pure diverse interpretazioni sotto il livello di guardia, in particolare quelle di Ming-Na Wen (che aveva lasciato molto a desiderare anche in Agents of S.H.I.E.L.D.) e, soprattutto, di Gina Carano. Discorso simile per Carl Weathers, che non ci è sembrato al massimo della forma (con l’aggravante che l’episodio dove compare è diretto da lui stesso), benché la presenza dell’ex interprete di Apollo Creed debba essere considerata niente più che un omaggio al cinema d’azione degli anni Settanta e Ottanta (osservazione che vale anche per Michael Biehn, indimenticabile Kyle Reese del primo Terminator, che fa una fugace apparizione nell’episodio intitolato “La Jedi”). A essere onesti, persino Temuera Morrison ha offerto una prova sotto le aspettative e sebbene l’attore neozelandese avrà modo di rifarsi in The Book of Boba Fett, nuovo spin off televisivo, annunciato per dicembre 2021, il trattamento riservato a uno dei personaggi cult del franchise (più negli USA che da noi, in verità) ci ha lasciati parzialmente insoddisfatti. L’impressione è che la sua presenza all’interno di The Mandalorian sia servita più come passarella personale che per reali motivi narrativi. Un po’ la stessa sensazione provata con Ahsoka Tano, che benché partecipi a uno dei capitoli più riusciti della stagione, dove veniamo finalmente a conoscenza del nome del Bambino (che si conferma indiscussa superstar della serie), non riesce a fugare i dubbi che l’intenzione degli autori fosse, in realtà, di offrire anche a lei una vetrina per promuovere il suo show prossimo venturo (uno dei tantissimi riguardanti l’universo di Star Wars, annunciato durante l’Investor Day della Disney di poche settimane fa). L’ultimo giudizio negativo lo riserviamo ai duelli e ai combattimenti corpo a corpo, dove ci è sembrato di vedere addirittura un peggioramento rispetto agli episodi precedenti: i movimenti degli attori sono legnosi e poco dinamici e nessuno, neppure Pascal, sembra a suo agio nel maneggiare spade, lance e tutto ciò che non sia un’arma da fuoco. Urge correre immediatamente ai ripari (non è pensabile che il considerevole budget a disposizione venga utilizzato solo per gli effetti visivi e non per ingaggiare un vero coreografo), altrimenti la retrocessione a prodotto televisivo di qualità media, che paventavamo all’inizio, sarà inevitabile.
A ogni modo, che sia per il fascino che l’universo creato da George Lucas esercita ancora su di noi o per l’inconfessabile nerdismo scolpito nel nostro DNA, non ce la sentiamo di dare un giudizio negativo della serie e crediamo davvero che essa abbia tutte le potenzialità per arrivare a un livello qualitativo che, per ora, si è appena intravisto. Speriamo solo che la nostra fiducia non venga tradita, oppure sarà veramente difficile per la Disney recuperare il credito perduto.
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