Nel 1979 i Tories vincono le elezioni in Gran Bretagna e Margaret Thatcher (Gillian Anderson) diventa la prima donna a occupare la poltrona di Primo Ministro nella storia del regno. Nel frattempo, nella vita del Principe Carlo (Josh O’Connor) irrompe la giovane Diana Spencer (Emma Corrin).
Nazione: Stati Uniti
Anno: 2020
Episodi: 10
Piattaforma: Netflix
Genere: Storico, drammatico
Ideatore: Peter Morgan
Attori: Olivia Colman, Tobias Menzies, Josh O’Connor, Emma Corrin, Erin Doherty, Helena Bonham Carter, Marion Baily, Gillian Anderson, Emerald Fennell
Dopo una terza stagione non particolarmente entusiasmante, torna per la quarta volta su Netflix The Crown, uno dei prodotti originali più noti e celebrati della piattaforma. Non bisogna pensare, tuttavia, che il minore appeal degli ultimi episodi fosse dovuto al cambio degli interpreti (per decisione degli autori, ogni due stagioni il cast principale viene rinnovato con attori più anziani, in modo da rendere più verosimile lo scorrere del tempo), oppure a difetti nella ricostruzione storica (sempre accurata) o della sceneggiatura (mai inconsistente o banale), ma piuttosto agli argomenti trattati, molto poco appassionanti, soprattutto per noi italiani, che facciamo fatica a trovare interessante la storia inglese a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, contraddistinta da pochi sussulti, sia a livello interno che internazionale. Tanto è vero che lo sbarco dell’uomo sulla Luna, l’unico evento veramente degno di nota di quel periodo a essere rappresentato nella serie, non ha riguardato semplicemente il Regno Unito, ma il mondo intero. Lo sceneggiatore Peter Morgan, per di più, lo utilizza unicamente per mettere in evidenza la scarsa attitudine della famiglia reale a rendersi conto della vita fuori dal comune che conducono, in grado di sbalordire persino i tre membri dell’equipaggio dell’Apollo 11, i quali si dimostrano persone assolutamente normali, e non i superuomini che il Principe Filippo si aspettava di incontrare. Inoltre, complice l’attenzione che la stampa scandalistica ha sempre riservato alla monarchia britannica, le vicende dei protagonisti vivono il loro momento più coinvolgente solo quando comincia a palesarsi il rapporto tra il Principe Carlo e Camilla Shand (futura Parker Bowles). È anche verosimile che gli stessi sudditi di Elisabetta II non considerino particolarmente attraenti i fatti di allora, tanto da avere spinto gli autori a concludere la stagione precedente con il giubileo del 1977, riassumendo in appena dieci puntate ben quattordici anni di storia.
Niente a che vedere con i nuovi episodi, dove l’ingresso nella trama di due personaggi di tutt’altra caratura come Margaret Thatcher e, soprattutto, Diana Spencer segna una netta inversione di tendenza. A prestare il volto alla Lady di ferro è Gillian Anderson, la quale, in verità, di tutto il cast ci è sembrata quella meno convincente. Pur prodigandosi per rendere al meglio l’austerità e l’inflessibilità dell’ex primo ministro britannico, tende spesso a far assumere al suo volto espressioni poco naturali, al limite del caricaturale. Un atteggiamento che non crediamo fosse nelle intenzioni di Morgan, nonostante la scarsa benevolenza mostrata verso il personaggio, con cui è parso essere molto poco in sintonia, specialmente se confrontato con tutti gli altri politici che hanno fatto capolino nella serie. Ciò nonostante, assieme a parecchi momenti di forte contrasto tra il primo ministro e la regina, sia nelle decisioni di governo, che in occasioni meno formali – atti a rimarcare a quale delle due donne sia riservata la sua stima – non mancano i passaggi dove l’autore sembra mostrare una parziale vicinanza con la leader conservatrice. In queste scene vengono fatti emergere l’amore materno della Thatcher per il figlio apparentemente disperso o la delusione della statista per il tradimento dei propri compagni di partito, seguendo, di fatto, lo stesso schema portato avanti nelle stagioni precedenti, in cui la politica vera e propria è sempre rimasta sullo sfondo, per privilegiare maggiormente l’umanità dei personaggi, anche quelli più controversi. Proprio per questo, le parti più riuscite della serie sono quelle che descrivono il rapporto di Diana e Carlo, dal breve idillio del fidanzamento fino ai primi problemi della vita matrimoniale. Di questi ultimi non ci viene risparmiato nulla (cosa che, a quanto pare, ha fatto arrabbiare parecchio la famiglia reale) e se nella stagione precedente Morgan era sembrato piuttosto indulgente nei confronti del Principe di Galles (che, fin dalla giovinezza ha vissuto il suo destino di erede al trono più come una condanna che come un invidiabile privilegio), nei nuovi episodi lo sceneggiatore inglese si schiera in maniera netta con la sua consorte, dipinta come l’innocente e inconsapevole vittima delle rigide tradizioni della corona e dell’immaturità di suo marito, incapace di assolvere ai propri doveri. L’interprete di Lady D, la giovane Emma Corrin, illumina costantemente la scena, mettendo spesso in ombra – esattamente come nella realtà – il suo grigio compagno di vita, con la conseguenza di portare inevitabilmente gli spettatori a parteggiare per lei. La tragicità della sua figura diventa evidente fin dalle prime scene, riuscendo in breve tempo a superare persino la Principessa Margaret (una Helena Bonham Carter ineccepibile come sempre) la quale, in precedenza, era stata la persona che più aveva patito le imposizioni della famiglia reale. Oltretutto, forse per la prima volta rispetto a situazioni simili nelle stagioni passate, anche Elisabetta sembra cieca, o colpevolmente disinteressata, di fronte al malessere della giovane moglie di suo figlio. Non è un caso che le ultime immagini mirino a mettere in evidenza la tristezza emanata dal volto di Diana, sorta di oscuro presagio dei drammatici eventi che segneranno la sua fine prematura. Eventi che, a quanto pare, non saranno presenti nella quinta stagione, per vedere la quale, per di più, dovremo aspettare fino alla seconda metà del 2022. In essa, come da regola, ci sarà un nuovo passaggio di consegne nel cast, cosa che, considerando la bravura messa in mostra da Olivia Colman nei panni della regina, potrebbe dispiacere a più di uno spettatore. Tuttavia, sappiamo già che a prendere il suo posto sarà la bravissima Imelda Staunton, pertanto è prevedibile che il rammarico del pubblico durerà molto poco. Un sentimento simile a quello che dovrebbe salutare anche l’arrivo del grande Jonathan Pryce, in sostituzione del poco incisivo Tobias Menzies come Filippo di Edimburgo. Due scelte che, in definitiva, non fanno che confermare l’attento lavoro di pianificazione di un progetto, che pur nella classicità del suo impianto, mostra di avere ancora tanto da dire.
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