Quando si arriva alla fine di una serie come Inhumans, non si può non rimpiangere quello che avrebbe potuto essere, ma che purtroppo, non è stato. Gli Inumani, nei piani originali di Kevin Feige (presidente dei Marvel Studios), erano stati indicati tra i possibili protagonisti di un film inserito a pieno titolo nel Marvel Cinematic Universe. In questo modo la Disney (proprietaria della Marvel) sperava di trovare una valida alternativa agli X-Men, i cui diritti di sfruttamento cinematografico sono, tuttora, saldamente in mano alla Fox. Nel 2015 però, l’inaspettato accordo tra Marvel Studios e Sony Pictures ha determinato una revisione generale delle strategie a lungo termine di Feige e compagni, e il progetto cinematografico sugli Inumani è stato abbandonato, per lasciare spazio al nuovo reboot di Spiderman. Tuttavia, la macchina produttiva per portare Freccia Nera e la sua insolita famiglia sul grande schermo era già stata messa in moto. Ai piani alti della Marvel, quindi, devono aver pensato che non valesse la pena sprecare anche quel poco che era già stato fatto, e che si potesse concedere agli Inumani il tentativo di fare presa sul pubblico, attraverso una serie televisiva a loro dedicata (sebbene i discendenti terrestri del popolo di Attilan, fossero già stati introdotti nella serie Agents of S.H.I.E.L.D.). In effetti, nonostante il dirottamento sul piccolo schermo, la curiosità di vedere una versione live-action di personaggi così singolari, aveva messo in subbuglio tutto il fandom, alimentando per lungo tempo il chiacchiericcio dei blog di settore. D’altra parte, gli Inumani, nati a metà degli anni Sessanta come comprimari dei Fantastici Quattro, sono considerati da molti una delle creazioni più brillanti di Stan Lee e Jack Kirby (i principali architetti dell’universo Marvel fumettistico). Le tavole di Kirby in particolare, così ricche di personaggi stravaganti e di maestose architetture futuristiche, devono essere sembrate ai boss della Disney una promettente fonte di ispirazione, da cui ricavare l’ennesima trasposizione di successo. Naturalmente, l’adattamento di un fumetto al linguaggio cinematografico moderno, porta sempre con sé modifiche, anche sostanziali, all’opera originale. Ma se queste modifiche vengono fatte nel rispetto della storia dei personaggi (si pensi, per esempio, al Batman di Nolan, o al già citato film di Spiderman della scorsa estate), il risultato non può che essere qualcosa in grado di accontentare sia il filologo irriducibile, che il pubblico occasionale. Purtroppo però, nel caso di Inhumans, le modifiche sembrano essere state dettate solo da discutibili scelte produttive, volte a ricavare il più possibile da una serie apparsa immediatamente penalizzata da un budget inadeguato. Come si spiegherebbero, altrimenti, scenografie ai minimi termini, un uso ridottissimo della CGI, e i peggiori titoli di testa degli ultimi quarant’anni? Bisogna dare atto agli sceneggiatori, di essere riusciti, in qualche caso, a trovare soluzioni narrative ben congegnate, pur di permettere alla trama di dipanarsi in maniera coerente, nonostante i limiti imposti dalla produzione. Si pensi, per esempio, al quasi immediato taglio dei lunghissimi capelli di Medusa. Un vero incubo da gestire con effetti speciali artigianali. Una trovata peraltro non originale, ma ripresa dalla maxiserie a fumetti Inhumans di Paul Jenkins e Jae Lee, che, alla fine degli anni Novanta, ridefinì lo status quo della famiglia reale di Attilan. Non sono neanche mancate alcune buone prove attoriali (su tutte, quella di Iwan Rheon nei panni di Maximus). Si tratta, però, di isolate note positive, insufficienti a salvare dal naufragio un’operazione che ha completamente tradito le premesse iniziali. I difetti della serie sono così tanti, che fa quasi tenerezza vedere gli escamotage studiati dagli autori per cercare quantomeno di ingraziarsi gli appassionati (basti citare che i titoli dei vari episodi richiamano in maniera evidente le prime storie dei personaggi). Assolutamente imperdonabile è soprattutto, il modo in cui sono stati snaturati i protagonisti della serie, a cominciare dal leader Black Bolt, interpretato da un inguardabile Anson Mount: per una parte del genere, dove si richiedeva di recitare senza il minimo movimento delle labbra (Black Bolt è costretto al silenzio, perché le sue corde vocali sprigionano una forza distruttiva potentissima), sarebbe stato opportuno scegliere un attore dotato di forte espressività. Una qualità del tutto assente in Mount, capace di trasformare il carismatico sovrano di Attilan, in un ridicolo mimo da avanspettacolo. Inhumans è, indiscutibilmente, il primo vero buco nell’acqua dell’accoppiata Marvel-Disney. La speranza è che si trovi presto un modo di resettare il tutto in maniera credibile. Unico modo possibile per salvare dall’oblio personaggi che meriterebbero un destino ben diverso.