Andy Barber (Chris Evans) lavora come assistente del procuratore distrettuale nella cittadina di Newton, nei pressi di Boston. Stimato sul luogo di lavoro, è felicemente sposato con Laurie (Michelle Dockery) e padre del quattordicenne Jacob (Jaeden Martell). La sua vita, però, verrà presto sconvolta, quando il figlio sarà accusato di aver assassinato un compagno di classe.
Nazione: Stati Uniti
Anno: 2020
Episodi: 8
Piattaforma: Apple+
Genere: Thriller, poliziesco
Ideatore: Mark Bomback
Attori: Chris Evans, Michelle Dockery, Jaeden Martell, Cherry Jones
Un tempo l’argomento di questa serie sarebbe stata un soggetto perfetto per un film. Sappiamo, però, che la differenza tra una pellicola destinata al grande schermo e una produzione televisiva è, ormai, solo una questione di sfumature. Un’affermazione ancora più vera quando, come in questo caso, non è necessario ricorrere a costosi effetti speciali e la vicenda raccontata permette una dilatazione della narrazione in più episodi. Una caratteristica delle opere per il piccolo schermo che, per una piattaforma come Apple TV+, che non ha un numero di abbonati paragonabile a quello di Netflix – e, probabilmente, non lo avrà mai -, garantisce la possibilità di sfruttare al massimo l’immagine di una star (in questo caso l’ex Capitan America Chris Evans). Realizzare una serie, anziché un film, pertanto, diventa una scelta quasi obbligata, soprattutto se l’intenzione è quella di fidelizzare il proprio pubblico e di provare ad allargare un bacino d’utenza, fin qui ancora molto al di sotto delle aspettative. Per le stesse ragioni, è probabile che l’argomento affrontato nell’opera abbia influito in maniera determinante sulla decisione di trasporre in TV l’omonimo romanzo di William Landay. In effetti, il racconto di come reagirebbe una coppia di genitori se il proprio figlio adolescente venisse accusato di aver ucciso un compagno di classe costituisce sempre un tema di sicura presa sullo spettatore. La serializzazione, inoltre, ha anche permesso di mettere in scena questo dramma nei modi e nei tempi corretti, tanto che, senza nessuna necessità di accelerare gli eventi, nel corso degli episodi assistiamo prima alla semplice presa di coscienza di quanto successo da parte dei protagonisti, e poi al progressivo cambio di prospettiva del padre e della madre del ragazzo, man mano che nuovi dettagli vengono portati alla luce. Tali dettagli, però, sono interpretati dai due genitori in maniera totalmente opposta. È la madre (un’efficace Michelle Dockery, qui alla sua prima prova di un certo spessore, dopo i fasti di Downton Abbey) quella che sembra provare i dubbi maggiori sull’innocenza di Jacob, oltre che a patire più di tutti l’angosciosa situazione che si è lentamente venuta a creare. Al già citato Chris Evans, invece, spetta l’onere di rappresentare la visione contraria. Egli è il padre determinato a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per scagionare il figlio, sulla cui colpevolezza non riesce mai a credere fino in fondo, anche quando alcuni eventi inaspettati tendono a far vacillare la sua fiducia. Bisogna dire che l’attore americano, a volte, tende ad assumere ancora quelle espressioni da supereroe tutto d’un pezzo, che ben conosciamo per le sue interpretazioni nei film dei Marvel Studios, ma, alla fine, la sua prova risulta complessivamente soddisfacente.
Alla regia troviamo il norvegese Morten Tyldum, la cui direzione compassata e attenta a focalizzarsi sulle reazioni dei vari protagonisti, ben si adatta a una vicenda portata avanti perlopiù in spazi chiusi e attraverso lunghi scambi di battute tra gli attori. Una scelta peraltro necessaria, per un soggetto che, più che sul crimine in sé, decide di concentrarsi sulla psicologia dei personaggi. Ad aumentare la cupezza della situazione ci pensano, poi, il paesaggio autunnale del Massachusetts e i colori virati al blu della fotografia, che sembrano, ormai, diventati una consuetudine quando occorre trasmettere un senso di angoscia nel pubblico. Il ritmo, inoltre, è inevitabilmente lento, nonostante alcuni sporadici colpi di scena, che, però, per certi versi rappresentano l’aspetto più debole della trama: il giovane protagonista (un Jaeden Martell anche fin troppo apatico, con cui è difficile entrare in empatia), infatti, è di un’ingenuità sconcertante. Tutte le sciocchezze che combina (le quali, inevitabilmente, portano a concentrare i sospetti su di lui) danno spesso l’impressione di essere solo delle forzature narrative.
Tra gli attori, resta da menzionare il premio Oscar J.K. Simmons, sempre impeccabile, anche quando, come in questo caso, è chiamato a interpretare un personaggio macchiatosi di crimini orrendi.
In difesa di Jacob è essenzialmente un’opera drammatica, anche se non mancano elementi tipici del thriller con tanto di dibattimento processuale (un passaggio quasi imprescindibile nelle produzioni americane) e i colpi di scena di cui abbiamo già detto, che servono più che altro ad aumentare la tensione, non a voler sorprendere il pubblico a tutti i costi.
In conclusione, la qualità generale della serie è più che discreta anche se non siamo ancora al livello di The Morning Show, che, a tutt’oggi resta l’operazione più riuscita di Apple TV+.
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