Venerdì sera ha esordito su Sky Atlantic la quarta stagione di Gomorra – La Serie, accompagnata dalle oramai consuete polemiche, incentrate su come questo tipo di serial televisivi forniscano modelli sbagliati ai più giovani. Ringrazio Filmantropo per avermi dato i mezzi per potere dare la mia modesta visione delle cose, e magari stimolare un dibattito sulla questione, che a mio modo di vedere comprende diverse sfere del nostro essere, oltre alla semplice dimensione artistica.
E’ acclarato come le serie “crime” incentrate sugli antieroi più o meno realmente esistiti la stiano facendo da padrone a livello mondiale da diversi anni, il fascino del male ha sempre attirato lo spettatore, d’altronde tutti i giorni quando ci alziamo dal letto scegliamo chi essere e, grazie a Dio, la maggior parte di noi propende per una strada che non è votata alla criminalità, sebbene le nostre ambizioni e desideri lascino sempre una domanda inconscia di come una strada differente e forse non prevista dalla società avrebbe potuto cambiare la nostra vita, dove ci avrebbe portato.
Ciro Di Marzio, Pablo Escobar, Tony Montana, 40 anni di antieroi racchiusi in tre nomi, sono accomunati dal fatto di essere uomini che non avevano nulla, che venivano dal nulla, ma che hanno potuto avere tutto, è innegabile che il fattore legato all’uomo qualunque solletichi le fantasie di chi va al cinema o si siede davanti alla TV, è davvero pensare che “ehi, potrei essere io!”.
Altro fattore scatenante riguarda sicuramente la paternità italiana della serie di Gomorra, come d’altronde quella del serial di Romanzo Criminale, il pubblico tende spesso a declassare in serie B gli sceneggiati autoctoni, probabilmente perché subissati da una moltitudine di fiction mediocri, per cui si dimentica come queste due serie abbiano avuto una qualità di produzione e sceneggiatura eccellenti, di come abbiano portato alla ribalta attori di primo livello che tutt’oggi troviamo nelle produzioni cinematografiche ed a teatro, menzione d’onore per Vinicio Marchioni e Francesco Montanari, arrivando poi a Marco D’Amore e Salvatore Esposito, se dei personaggi immaginari o quantomeno romanzati rimangono nell’immaginario collettivo il merito primario è nella bravura dell’attore; infine queste produzioni hanno visto avvicendarsi dietro la macchina da presa registi di altissimi livelli capaci di quel tocco artistico nella narrazione che regala un tratto inconfondibile allo sceneggiato, vedasi Stefano Sollima. Ironia della sorte, per quanto osteggiata in patria, Gomorra viene venduta e diffusa all’estero sempre di più, prova aggiuntiva della validità del prodotto.
Quando Francis Ford Coppola si sedette dietro alla cinepresa del venerabile capostipite di questo filone, Il Padrino, il risultato fu la vincita dell’Oscar, perché dietro alla storia ideata da Mario Puzo si celava una produzione cinematografica che ha scritto la storia della settima arte, non ricordo di avere letto esposti di come tutto ciò ci avrebbe fatto diventare tutti mafiosi, così come ai giorni nostri dopo avere visto in Narcos il Pablo Escobar interpretato da Wagner Moura, dubito fortemente che tutti noi si voglia intraprendere una carriera nel narcotraffico, ma è sempre stato così, tutto ciò che viene prodotto all’estero, Hollywood in primis, viene sempre visto sotto un’ottica differente.
Ed arriviamo al punto finale nonché al nocciolo della questione a mio modo di vedere, ovvero l’impatto che queste serie possono avere sugli adolescenti e sui giovani. Certo, è innegabile che “Pijamose Roma” o “ce ripigliamm tutto chiell che è u nuostr” siano sulla bocca di molti, sono frasi efficaci, d’effetto, ma sono solo una faccia della medaglia, sono una parte della storia, la visione nella sua interezza invece non porta di certo a modelli da imitare, avete presente come finiscono i personaggi di Gomorra? E quelli che ancora vedono i fiori dal lato della corolla vi sembrano felici? Volete vivere la vita nel timore del momento (quasi certo) che una pistola a bruciapelo vi spenga per sempre? Tony Montana, Pablo Escobar, molti dei Corleone, il Libanese, Samurai, per citare alcuni dei più eminenti, hanno in comune una sola cosa, hanno lasciato questo mondo molto presto rispetto al previsto, e neanche molto bene; volendo poi parlare di personaggi reali, mi piacerebbe che questi ragazzi vedessero in che condizioni viveva Bernardo Provenzano quando è stato arrestato, o quale possa essere la qualità di vita di una persona braccata come Matteo Messina Denaro, non credo riesca a dormire bene.
Queste dovrebbero essere le riflessioni che un genitore, che le figure educative presenti nella vita dei giovani dovrebbero mettere sul tavolo, renderli partecipi che Gomorra narra una storia romanzata ma che prende spunto da una situazione di degrado reale, da fatti che sono scritti negli annali della cronaca, come è possibile che tutto ciò possa esistere in un paese come l’Italia, la settima economia mondiale? Queste domande tragicamente non emergono mai, la serie non viene vista come una denuncia, un grido di aiuto, ma come il tentativo di buttare fango su Napoli, su una città di persone perbene, molto meglio puntare il dito su un possibile benchè più remoto problema pedagogico.
In conclusione, guardate Gomorra, guardate Romanzo Criminale, guardate il Padrino, rimarrete affascinati da come esistano uomini determinati e spietati da non avere dei all’infuori del potere, guardatene l’ascesa ma non dimenticatene la caduta, non distogliete lo sguardo dalla violenza ma prendetene spunto per realizzare che non vorreste mai vivere una situazione simile, che vorreste essere migliori. Il cinema è Arte, il cinema è sentimento ed emozione, e devono essere proprio questi a rimanere quando la narrazione di queste storie termina.