Nazione: Stati Uniti D’America
Anno: 2019
Episodi: 8
Genere: Fantastico, drammatico
Creatore: René Echevarria, Travis Beacham
Piattaforma: Amazon Prime Video
Attori: Orlando Bloom, Cara Delevingne, David Gyasi, Tamzin Merchant, Indira Varma, Jared Harris
Voto Filmantropo:
Sette anni dopo la resa della Repubblica di Burgue, nella guerra per il dominio delle terre delle fate, queste ultime, sotto il regime spietato della nazione vincitrice, il Patto, sono diventate un inferno da cui tutti cercano di scappare. Vignette Stonemoss (Cara Delevingne) fa parte di un gruppo di fate in fuga e, scampata miracolosamente al naufragio della nave che doveva portarla in salvo, si ritrova sulle coste di Burgue, ignara che Rycroft Philostrate (Orlando Bloom), l’uomo di cui era innamorata e che credeva morto, in realtà è ancora vivo e lavora lì come ispettore di polizia.
Arrivati alla fine della prima stagione di Carnival Row (nuova produzione degli Amazon Studios in collaborazione con Legendary Television), si intuisce chiaramente perché Guillermo del Toro avesse deciso di partecipare alla realizzazione della serie. Il filmmaker messicano, infatti, oltre che come produttore e come co-autore della sceneggiatura, avrebbe dovuto figurare anche come regista del primo episodio, ma gli impegni presi, nel frattempo, per altri progetti non gli hanno permesso di portare avanti il lavoro iniziato con Travis Beacham (autore di A Killing on Carnival Row, una sceneggiatura inutilizzata, usata come base di partenza per lo show) e René Echevarria (poi divenuto lo showrunner della serie). In ogni caso, l’abbondante utilizzo di elementi fantasy, le atmosfere goticheggianti e l’ambientazione steampunk (pur essendo uno stato immaginario, non è difficile scorgere in Burgue parecchie somiglianze con l’Inghilterra vittoriana) sono temi che ricorrono spesso nella filmografia di Del Toro e anche se non sappiamo quanto di quello che è arrivato sul piccolo schermo sia effettivamente farina del suo sacco, è innegabile che le sue idee abbiano, in qualche modo, influenzato gli altri due autori.
Ma, contributi di Del Toro a parte, grazie anche all’ottimo lavoro di costumisti, scenografi e tecnici degli effetti speciali, bisogna riconoscere che Beacham ed Echevarria sono riusciti a realizzare una serie piacevole e, a tratti, affascinante. Non solo, l’intrigo fanta-poliziesco che fa da collante alle diverse sottotrame, permette loro di avventurarsi in una scoperta denuncia del crescente sentimento xenofobo, che, da qualche anno a questa parte, imperversa in gran parte dell’Occidente. La discriminazione di pix (fate), puck (fauni), kobold, centauri e altri esseri della mitologia classica o della fantasia popolare, è un’evidente metafora della problematica convivenza che si è venuta a creare, nel mondo reale, tra i migranti in fuga da guerre e povertà e gli abitanti di Europa e Stati Uniti. E’ vero che i due autori hanno, probabilmente, voluto riferirsi più alle politiche fortemente anti-migratorie del governo americano, particolarmente inaspritesi sotto la presidenza Trump, ma per noi italiani è più facile vedere un parallelismo con la situazione di casa nostra: la ghettizzazione dei “diversi”, la nascita di movimenti radicali tra i più umili sempre più votati al fanatismo, le profonde divisioni politiche sul come affrontare l’emergenza, sono argomenti che continuano a catturare l’attenzione di gran parte della gente aldiquà del Mediterraneo e la rappresentazione che ne danno Beacham ed Echevarria è, indubbiamente, la parte più riuscita della serie.
Sul fronte degli attori, i due protagonisti Orlando Bloom e, l’ormai ex modella, Cara Delevingne regalano agli spettatori una prova più che convincente. L’ex interprete di Legolas e di Will Turner presta il suo volto a un ispettore di polizia perseguitato dai fantasmi del suo passato e ancora provato dalle conseguenze delle sue scelte in tempo di guerra. E Bloom, con il suo sguardo dimesso e corrucciato, è particolarmente efficace nel mostrare i turbamenti interiori del suo personaggio. Tuttavia, la vera sorpresa della serie è la Delevingne, la cui crescita come attrice procede sempre più spedita: la sua interpretazione della fiera e risoluta Vignette riesce a far passare in secondo piano anche i passaggi narrativi più deboli orchestrati da Beacham ed Echevarria.
A completare il cast, il sempre impeccabile Jared Harris (recentemente ammirato in Chernobyl), un’ottima Indira Varma (già Ellaria Sand ne Il Trono di Spade), tanti validi caratteristi e alcune giovani promesse (Caroline Ford e Arty Froushan su tutti, i cui personaggi, per quanto visto in questi primi episodi, saranno più che dei semplici comprimari nelle prossime stagioni).
Inoltre, i vari registi che si sono alternati in questi primi episodi (tra cui il veterano Jon Amiel) sono riusciti a creare un’ottima amalgama tra gli elementi fantasy e quelli più realistici, grazie a una direzione misurata e attenta a non eccedere in manierismo. Chi, invece, non ha avuto la forza di contenersi è la coppia di autori: dopo aver portato avanti, in modo equilibrato, i vari fili della trama, Beacham ed Echevarria nel finale perdono completamente il senso della misura: in pochi minuti assistiamo a colpi di scena a ripetizione, a ribaltamenti di ruoli continui e a tutta una serie di rivelazioni assolutamente inaspettate, che stonano non poco con quanto si era visto fino a quel momento. Incesti, tradimenti coniugali, figli illegittimi, Beacham ed Echevarria non si fanno mancare nulla, ma il loro desiderio di voler sorprendere lo spettatore a tutti i costi, pare più un goffo tentativo di porre rimedio ai molti passaggi scontati della vicenda (in particolare: il prevedibile ritorno di fiamma tra i due protagonisti o la loro tormentata storia d’amore in tempo di guerra, e la fatale attrazione “interrazziale” tra due dei personaggi di contorno). Inoltre, per quanto le motivazioni addotte da Piety Breakspear, per giustificare le proprie azioni, siano sembrate, onestamente, un po’ pretestuose, non avevamo dubbi sul fatto che stesse tramando qualcosa alle spalle del marito. Oltretutto, si fa davvero fatica a considerare verosimile la radicale trasformazione del personaggio di Sophie Longerbane che, in poche scene, da fragile donna costretta a vivere da reclusa in casa propria, senza la possibilità di incontrare nessuno, al di fuori del padre o della servitù, diventa una politica navigata e una machiavellica manipolatrice.
A ogni modo, confidiamo che la seconda stagione, già confermata dalla produzione, possa permettere a Beacham ed Echevarria di lavorare più serenamente e di valorizzare i tanti aspetti positivi di questi primi episodi. Sarebbe un peccato vedere una serie con un simile potenziale, diventare il più banale dei feuilleton.