Nazione: Svezia, Danimarca, Finlandia
Anno: 2017
Durata: 100 min
Regia: Janus Metz Pedersen
Attori: Sverrir Gudnason, Shia LaBeouf, Stellan Skarsgård, Robert Emms
Voto:
Il freddo Björn Borg e il ribelle John McEnroe sono i protagonisti di una delle più famose rivalità sportive del secolo scorso. L’apice di questa rivalità coinciderà con la finale di Wimbledon del 1980, a tutt’oggi considerato uno dei match di tennis più belli di sempre.
Anche se presentato a livello internazionale come Borg vs McEnroe (in Italia semplicemente Borg McEnroe), il film del semisconosciuto regista danese Janus Metz Pedersen è in realtà una produzione scandinava dedicata al campione di tennis svedese Björn Borg (Borg è, infatti, il titolo della pellicola distribuita in Svezia).
Non che John McEnroe sia totalmente assente dal film, anzi. Una volta arrivati ai titoli di coda, però, appare evidente che le scene dedicate al tennista americano, siano state inserite soprattutto per rendere più chiara la direzione che Pedersen aveva deciso di far prendere alla pellicola. Infatti, quello a cui assistiamo, non è un film celebrativo (i numerosi successi dello svedese vengono appena accennati, così come, esclusi alcuni memorabili momenti della finale di Wimbledon, sono proprio le partite di tennis a essere sacrificate), ma un dramma che non nasconde i sacrifici fatti da Borg per diventare il giocatore fenomenale, che tutti ricordano.
Per capire il campione, occorreva, innanzitutto, mostrare l’uomo, e l’uomo Björn viene raccontato senza scorciatoie. Idolatrato da tutti, a 24 anni Borg è una persona incapace di godere del proprio successo. Preda di ossessioni e di insicurezze di ogni tipo, continua a mostrare un’apparente imperturbabilità in campo, totalmente assente nel privato, dove la paura di fallire è una costate sempre in agguato.
Quei tormenti sono il risultato di una ferrea disciplina, che lo svedese si è autoimposto da ragazzo: con brevi, ma illuminanti, flashback, ci viene mostrato un giovane Borg dal carattere certo non meno impetuoso di quello del suo collega americano. Un carattere, però, considerato da tutti come l’ostacolo principale per esprimere l’enorme potenziale, che i più accorti avevano intravisto in lui.
E così, anche i momenti con protagonista l’irascibile McEnroe, devono essere intesi come intermezzi atti a mostrare quello che, in fondo, Borg avrebbe voluto essere. Man mano che scorrono le immagini, viene spontaneo chiedersi: che ne sarebbe stato di Borg se non avesse represso l’irruenza giovanile? Ma, soprattutto, era davvero necessario tutto quell’autocontrollo? Nella vita reale Borg, ormai incapace di reggere la pressione esercitata della sua fama, smise di giocare a soli 26 anni (da dimenticare il malinconico tentativo di tornare in attività qualche anno più tardi, quando il tennis era ormai cambiato) e successivamente, tentò addirittura il suicidio.
McEnroe, invece, iniziò una carriera che lo portò a essere a lungo il numero uno del mondo, per poi diventare un apprezzato commentatore sportivo.
Quasi a invogliare lo spettatore a cercare da solo le risposte, la pellicola non mostra quello che successe dopo la finale di Wimbledon. Pedersen, sorretto da un cast perfetto (i bravissimi Sverrir Gudnason e Shia LeBeouf, che sembrano i gemelli dello loro controparti reali, oltre al sempre impeccabile Stellan Skarsgård), riesce, comunque, ad appassionare ed emozionare per tutta la durata del film, realizzando un biopic anomalo, ma che, speriamo, possa essere ricordato a lungo.